La Villa

Lo Scoiattolo

Lo scoiattolo è da sempre lo stemma della nostra attività. Un emblema che la rappresenta in maniera esemplare, in quanto simboleggia il lavoro in perfetta sintonia con l’ambiente e la preservazione della natura.

Lo scoiattolo mette scientemente da parte la maggioranza del cibo che raccoglie, semi che danno vita a numerosi alberi che a loro volta daranno nuovi frutti per le future generazioni. Lo Scoiattolo Rosso (Sciurus Vulgaris) ha trovato il suo habitat perfetto e un sicuro riparo negli alberi del parco che da sempre hanno accolto e protetto gli animali, insieme a numerose specie di volatili, garantendogli cibo ed attività. Gli scoiattoli infatti sono legati al mito dell’ “albero cosmico”, detto anche albero della vita, sul quale armonizzano il bene e il male, spirituale e materiale, portando equilibrio tra cielo e terra.

Una visita della vendita diretta o una degustazione sono l’occasione ideale per ammirare lo spettacolo naturale degli scoiattoli che corrono tra i cipressi del viale che dal cancello d’ ingresso conduce alla Villa Fattoria. Un gioco tanto semplice quanto affascinante, come i ritmi della natura e la meraviglia che quotidianamente mette in scena.

La sua storia

Villa Fattoria Le Sorgenti: una storia secolare

Il nome.

Nel territorio di Bagno a Ripoli fin dal 1800 era in uso l’appellativo “Villa Fattoria” per definire ciò che ancora oggi è Le Sorgenti, dimora della famiglia Ferrari dal 1959. La Villa però ha una storia molto più antica: si è sviluppata a partire dal primo Rinascimento, ed è stata infatti costruita in epoche diverse tra il 1300 e il 1855. Il nome è la testimonianza delle 3 sorgenti d’acqua presenti sul territorio. Un fatto davvero particolare che rende ancora più unico questo luogo e che si lega in maniera indissolubile alla sua storia.

Il vino e la Toscana erano già scritti nel destino di Albino – nonno di Gabriele e patriarca della nostra storia – i cui genitori erano migrati in Francia durante la “diaspora italiana” del 1876. Albino, nato il 24 Luglio 1904 a Fleury Aude, nella zona vitivinicola Languedoc Roussillon, crebbe come vignaiolo durante il periodo di rinnovamento dei vigneti post fillossera (la storica malattia era arrivata nel 1866 facendo morire gran parte dei vigneti europei)

Tra le vigne francesi Albino s’innamorò dei racconti dei migranti toscani che davano un senso reale alle storie di sua madre, operaia dal 1877 al ’98, in una delle tante piccole aziende francesi dell’epoca, nate per colorare le profumate palline di radice di giaggiolo che arrivavano dalla fabbrica Rembaud & Barthalemy fondata a Pontassieve nel 1825. Una volta ultimate, le palline venivano spedite in Estremo Oriente a comporre collane, bracciali ed altri odorosi ornamenti. La coltura dell’Iris Pallida Lam (il più profumato dei giaggioli) è stata, per circa 40 anni a partire dal 1861, fonte di importanti guadagni per i borghesi terrieri della riva destra dell’Arno, da Montespertoli a Figline Valdarno. Sorprende leggere come, soltanto una minima parte degli scarti della lavorazione (un lavoro esclusivamente femminile che si suddivideva in Segatore e Pallolaie) della radice di giaggiolo erano utilizzati in profumeria come base di ogni composizione aromatica. Una quantità assai rilevante era invece utilizzata in polvere proprio nel mosto del Chianti. Lo storico vino sarà poi disciplinato nel 1927 ad opera di alcuni produttori di Firenze, Siena, Arezzo e Pistoia, anche per bandire certe pratiche.

Albino tornò a Parma nel 1926 con la volontà di prendere parte al rinnovamento dell’agricoltura italiana, la sua idea imprenditoriale era quella di un’agricoltura senza mezzadria. La fortuna gli fece incontrare la sua futura moglie Dirce, con cui ha condiviso il desiderio di commerciare in Italia le ceramiche francesi di Limoges ed i cristalli di Boemia, che avrebbero un giorno fatto parte anche della loro “Villa Fattoria”.

Dall’anno dell’acquisto, nel 1959, al 1974, anno in cui in Italia si mise fine alla mezzadria, Albino si impegnò per cambiare il rapporto con i coloni, facendoli diventare operai con uno stipendio ed una casa. Negli stessi anni, gli ettari di terra olivati e contornati dal giaggiolo testimone di colture passate, lo spinsero ad aprire un frantoio a macine che ha lavorato anche per conto terzi fino al 1977. Le vigne erano così rimaste il passo emotivo più importante, soprattutto per Albino che vide in Elisabetta e Gabriele, la possibilità di dare un senso compiuto al progetto di rinascita della Villa Fattoria Le Sorgenti e del gusto del vino prodotto all’epoca in queste zone e nella sua Fleury.

Il 29 Luglio del 1974, Dirce ed Albino arrivarono al matrimonio di Elisabetta e Gabriele a Parma, portando in dono una barbatella di Chardonnay, una di Cabernet Sauvignon ed una di Giaggiolo. Contro la volontà dei loro genitori che vedevano in lei una botanica ed un avvocato in Gabriele, gli sposi decisero di fare il viaggio di nozze in Toscana, proprio nella Villa Fattoria, di cui si innamorarono immediatamente e da cui non se ne andarono più.

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